LE PIANTE DEL SOLSTIZIO E LA PREPARAZIONE DELL’ACQUA DI SAN GIOVANNI

Partiamo dal fiore che è simbolo di questa fase di passaggio, l’Iperico, nel suo nome Ippocrate e Dioscoride indicassero il significato di “al di sopra”, cioé più forte delle apparizione infere dell’oltretomba. Proteggeva dai fulmini, soprattutto se tenuto sulla testa danzando attorno al fuoco rituale della notte del 23 giugno e poi gettato sul tetto una volta spento il fuoco, guariva dai morsi di serpente, curava l’epilessia, allontanava gli spiriti maligni se nascosto dentro la camicia.
Da secoli considerata pianta scacciadiavoli e protettiva contro sventure e malocchi, si usava appenderne un rametto dietro la porta, durante la notte di San Giovanni, perché le presenze maligne, molto attive dal tramonto all’alba, restassero ben chiuse fuori di casa.
Un’altra pianta legata alla festa di San Giovanni è la Ruta, ribattezzata nel medioevo “herba de fuga demonis”, conosceva più o meno gli stessi usi rituali dell’iperico, come protettiva contro malignità e sventure, ma ancora più efficace contro morsi di insetti pericolosi, animali feroci e vipere.
Tradizionalmente si pianta ai bordi delle case per tenere lontani i nostri unici serpenti velenosi, che sembrano non amarne l’odore, tanto che si narra che alcuni animali come le donnole, prima di affrontare una vipera di cui sono predatrici, si rotolino sulla ruta o ne mangino, per prenderne l’odore.
Pianta strettamente legata alla donna, che aiuta nei parti e contro i gonfiori uterini e di cui stimola il flusso mestruale.
Veniva considerata infatti afrodisiaca per le donne e anafrodisiaca per gli uomini (pare che i monaci ne mangiassero per tenere lontani sogni osceni e tentazioni), curativa per gli occhi, utile per allontanare pulci e animali fastidiosi; è stata infatti molto usata durante le pestilenze, sia per allontanare topi e pulci, che portavano la malattia, che, come ingrediente dell’aceto dei quattro ladri, per proteggersene o curarla.
Oggi la ruta non si utilizza più granché se non in liquoristica, è una pianta molto potente e potenzialmente tossica, da dosare con attenzione, ma mantiene il suo uso rituale e magico.
Tutt’altro aroma è quello soave della lavanda, universalmente apprezzato e ricercato, duraturo e persistente anche in fiori seccati da anni. Simbolo di purezza, la “spighetta di San Giovanni” non poteva mancare tra le piante rituali della notte del 23-24 giugno, usate appunto per allontanare spiriti maligni e torbidi. protegge i bambini, stimola fecondità e prosperità, aiuterebbe il gioco amoroso nei novelli sposi, alleviando le tensioni della prima notte.
Queste erbe erano ingredienti indispensabili per la preparazione dell’Acqua di San Giovanni, insieme ad una quarta, che non poteva mancare: il rosmarino, anch’esso molto legato ai rituali del solstizio grazie alle sue virtù magiche, al suo essere considerato pianta dell’immortalità, al suo legno, che usato per scolpire amuleti e cucchiai si diceva proteggesse da ogni avvelenamento.
Pianta simbolo di coraggio, bastava portarne un rametto all’occhiello per facilitare ogni impresa; per evitare brutti sogni, se ne mettevano delle foglie sotto il cuscino, mentre per allontanare le malattie si teneva un vaso di rosmarino sulla finestra o accanto alla porta. Teneva lontani serpenti e scorpioni, e mangiandone i fiori con pane e miele si sarebbe divenuti immuni dagli attacchi degli animali velenosi. Si credeva poi che i fiori, se tenuti a contatto con la pelle all’altezza del cuore, potessero portarci il dono più ambito: la felicità. L’acqua di San Giovanni veniva preparata al tramonto del 23 giugno, lasciata all’aperto a caricarsi delle energie magiche della notte, infine utilizzata al mattino del 24 giugno, per lavarsi viso e corpo. Si credeva portasse salute, benessere, buona sorte e fecondità, proteggendo dalle interferenze pesanti.
Iperico, ruta, lavanda e rosmarino non potevano mancare, ma si potevano aggiungere tante altre erbe e fiori legati al periodo e dagli usi rituali: artemisia, menta, verbena, salvia, ad esempio, ma anche fiori di ginestra, petali di rosa, fiordalisi, caprifogli, malva, camomilla e molte altre, in generale tutto ciò che fiorisse nei campi in questo periodo e che ispirasse l’animo del raccoglitore, della raccoglitrice
Quella di San Giovanni Battista è una festività cristiana, legata al rituale del battesimo, simboleggiato dall’acqua sacra, e al proteggersi, con la luce, dall’oscurità della notte e dal maligno che vi si nasconde, attraverso il fuoco dei falò si celebrava l’inizio della discesa del sole, propiziandosi la sua forza e il suo ritorno; così come al solstizio d’inverno, si festeggiava in piena oscurità, il ritorno della luce, che avrebbe ricominciato a vincere sul buio dal giorno successivo.
Come preparare l’acqua di San Giovanni? verso il tramonto del 23 giugno prendete una bella ciotola o bacinella capiente e riempitela d’acqua. Cospargetene la superficie di fiori e foglie, fate la vostra selezione personale e istintiva.
Lasciate la bacinella all’aperto per tutta la notte, e la mattina dopo bagnatevi con l’acqua, a cui si sarà aggiunta la guazza di San Giovanni, la magica rugiada della notte solstiziale. Lavatevi il viso, il corpo, i capelli, bagnateci il cane, o annaffiateci le piante, schizzateci i bambini o immergeteci i piedi.
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